Dall’opuscolo informativo di una Associazione per l’afasia, leggo: “La persona affetta da afasia ha un estremo bisogno di aiuto e non è in grado di chiederlo!”. Lo hanno scritto in arancione perché fosse ben evidente – caso mai non ti fosse bastato per capire quanto sia triste la sua vita – leggere che … non comprende appieno i discorsi altrui …. parla male o non parla affatto….nella maggior parte dei casi è in grado di dire solo accenni di parole, in altri parla ininterrottamente ma con parole talmente sbagliate da essere irriconoscibili….il linguaggio difficile da seguire e oscuro nei contenuti, in altre parole scarsamente o per niente comunicativo….la persona ha problemi personali e relazionali, si vergogna di parlare male …..
E basta. Non è che poi si sprechino a dire 1 SOLA COSA che trattenga me, persona con afasia che leggo o me familiare, dal buttarmi da un ponte intuendo che per noi non ci sono speranze e che l’unica cosa che ci resta da fare è affidarci per sempre alle braccia materne di qualche Espertone, dentro un’Associazione, un Ospedale o un’Università.
Non è che io neghi o nasconda a me stessa le marcate difficoltà che una persona con afasia incontra in questa società cosi’ inadatta ad accoglierla, ma certo quest’enfasi drammatica, perfettamente coerente con il modello della “tragedia personale” che caratterizza l’ambito sia sanitario sia associazionista è altamente deleteria per l’immagine sociale della Persona con Afasia.
La conclusione di questo opuscolo è che la Persona ha bisogno dell’Esperto. Scopo di questa Associazione infatti non è la ricerca delle rose ma (leggo sempre dall’opuscolo) “evidenziare la necessità di trattamenti riabilitativi più prolungati”.
Molte Associazioni basano le loro richieste di finanziamento su questo modello pietistico (persino i loghi enfatizzano una mancanza) senza accorgersi che così facendo fanno un torto talvolta ai loro stessi familiari…come si puo’ pensare di arrivare un giorno ad una società capace di includere, perche’ flessibile, nel mondo del lavoro una persona con afasia quando siamo noi i primi a darne un’immagine cosi’ deteriorata?
E basta. Non è che poi si sprechino a dire 1 SOLA COSA che trattenga me, persona con afasia che leggo o me familiare, dal buttarmi da un ponte intuendo che per noi non ci sono speranze e che l’unica cosa che ci resta da fare è affidarci per sempre alle braccia materne di qualche Espertone, dentro un’Associazione, un Ospedale o un’Università.
Non è che io neghi o nasconda a me stessa le marcate difficoltà che una persona con afasia incontra in questa società cosi’ inadatta ad accoglierla, ma certo quest’enfasi drammatica, perfettamente coerente con il modello della “tragedia personale” che caratterizza l’ambito sia sanitario sia associazionista è altamente deleteria per l’immagine sociale della Persona con Afasia.
La conclusione di questo opuscolo è che la Persona ha bisogno dell’Esperto. Scopo di questa Associazione infatti non è la ricerca delle rose ma (leggo sempre dall’opuscolo) “evidenziare la necessità di trattamenti riabilitativi più prolungati”.
Molte Associazioni basano le loro richieste di finanziamento su questo modello pietistico (persino i loghi enfatizzano una mancanza) senza accorgersi che così facendo fanno un torto talvolta ai loro stessi familiari…come si puo’ pensare di arrivare un giorno ad una società capace di includere, perche’ flessibile, nel mondo del lavoro una persona con afasia quando siamo noi i primi a darne un’immagine cosi’ deteriorata?
Altro che fare azione sociale, certe organizzazioni e certi modelli sono pericolosi (e pure certi loghi).
La teoria degli “ulteriori protocolli di riabilitazione” è dannosa quanto la dipendenza da oppiacei. Creare un ambiente protetto, nel senso di sterile (per molti soffocante), dove alimentare il paradosso tra l’illusione di riabilitarsi senza mai però essere riconosciuto e riconoscibile a se stessi ed agli altri. Un non luogo. I riabilitatori un po’ come spacciatori (in buona fede, forse?). Sicuramente la “relazione terapeutica”, in questo senso appare davvero centrata su un potere soverchiante ed impenetrabile, di coloro che hanno “la tecnologia” e coloro che ne sono esclusi ed ambirebbero ad averla. Tutto molto preoccupante, ansiogeno, ingiusto. Che facciamo?