Nella sezione interviste da oggi ospitiamo il contributo di Galyna Senkiv, professionista della relazione d’aiuto, che ha conosciuto la pratica di cura da una prospettiva insolita: a 360°
Galyna, donna ucraina, 13 anni fa lascia il suo paese per quello che pensava sarebbe stato il periodo di un anno, e lo fa spinta dalla necessità di aiutare la sua famiglia e in accordo con il suo Primario. Perché Galyna, nel suo paese, è un medico e da 20 anni lavora in Ospedale, prima al Pronto Soccorso poi come Medico Ospedaliero per il Ministero dell’Interno. Suo marito è poliziotto, il che significa che sono entrambi statali, con grossi problemi a trovare i mezzi per sostenere i costi universitari per le figlie. Dunque lei parte per un anno, per guadagnare un po’ di denaro, e va in Calabria a fare “compagnia”. Così le avevano detto, in realtà partivano senza sapere esattamente cosa sarebbero andate a fare. Piangendo per tutto il viaggio, attraversa Ungheria, Austria, due giorni sulle Alpi, in montagna, e infine a Mestre le hanno lasciate sole. Senza sapere la lingua e non conoscendo il paese, in qualche modo arriva in Calabria dove resta un mese e mezzo. Fin dal primo giorno si mette a studiare l’italiano. Poi un’amica italiana, insegnante, l’aiuta a trasferirsi a Genova dove per un anno e mezzo assiste la vedova di un Maresciallo dei Carabinieri, colpita da ictus e in quel periodo le sembra di essere tornata nel suo ambiente professionale; conosce la problematiche di questo tipo di pazienti ma anche le necessità dei familiari. Nel frattempo, ottenuto il permesso di soggiorno, va a lavorare come Infermiera ma dura poco perché nel frattempo é uscita una legge che richiede il riconoscimento del titolo. Quindi Galyna comincia a raccogliere tutti i documenti necessari, pensando che tanto entro breve tornerà a casa ma il suo progetto si scontra con mille difficoltà. Manca sempre qualcosa e qualcuno comincia a ventilarle che sará impossibile per lei farsi assumere come Infermiera, essendo in origine un Medico, perché si configurerebbe il reato di Abuso di Professione. Dopo mille peripezie, giunta all’ennesimo sportello del Ministero della Sanità, le dicono che nella stanza accanto c’é l’ufficio giusto per lei, quello dove achiedere il riconoscimento del titolo di Medico. Ci ha messo molto tempo, ma alla fine è riuscita a trovare un’u Università dove svolgere l’intero percorso di riconoscimento curriculare e lo sta portando a termine. Nel frattempo, per mantenersi, fa l’Assistente nelle Case di Riposo. Il contratto di lavoro a tempo indeterminato serve anche per avere il permesso di soggiorno ma un giorno glielo sospendono e le dicono che deve regolarizzare la sua posizione come “Osperatore Sanitario” dunque frequenta il Corso apposito e diventa OSS a tutti gli effetti. Dopo aver fatto il Medico, poi l’Infermiera , ora è una OSS e nel frattempo aspetta di ottenere il riconoscimento del titolo di studio per ricominciare a percorrere la strada che aveva scelto 20 anni prima. “Cosa farà a quel punto?” le ho chiesto. “Non lo so, si vedrà“. Per tornare ad essere riconosciuta come Medico dovrà fare l’Esame di Laurea, alcuni tirocini e l’Esame di Stato. Nel frattempo le due figlie si sono laureate , una in Oculistica e l’altra in Economia. E lei ha continuate e continua a lavorare come OSS per sostenere le varie spese. Racconta di avere fatto molta fatica ad accettare questo stato di cose ma di essersi sentita un po’ meglio nel momento in cui ha trovato la strada da percorrere per cominciare il riconoscimento, vorrebbe arrivarci in fretta ma non è possibile, deve lavorare molto e studiare lavorando è difficilissimo, ma lavorare è la priorità, non può permettersi di perdere il contratto.
Un altro aspetto interessante che racconta è la difficoltà, soprattutto nel momento in cui faceva l’Infermiera, di non “andare troppo avanti” agendo come medico, sapendo e facendo cose che non avrebbe dovuto né sapere né fare perché in quella dimensione, lei non era “il medico”. A volte è stata ripresa, ha dovuto scusarsi, ha imparato a frenarsi. Ma ciò che colpisce di più è il rammarico di non riconoscersi nei propri panni fino a quando non cominci a intuire che sarà possibile tornare ad essere ciò che eri, nel suo caso un bravo medico. Non è solo questione di rewarding sociale ma proprio di soddisfazione, il non riuscire a provarla perché in qualche modo il tuo agire è frenato, tu sai che potresti fare di più ma le incredibili circostanze della vita al momento te lo impediscono. Appurato che anche in Ucraina le professionalità dell’Assistente, dell’Infermiere e del Medico hanno un diverso “peso” sociale, ammette di non averci mai fatto caso fino a quando ha occupato la posizione al vertice e di averlo scoperto solo quando si è trovata in un altro ruolo ma dice che sostanzialmente in Italia ha trovato sempre molta comprensione.
“Ora, come medico, pensa che considererebbe in modo diverso il lavoro delle Assistenti?”
“Penso di sì. Sarò più attenta, capisco meglio come loro possono fare e cosa riescono a fare ”
La storia di Galyna per sua stessa ammissione è un Romanzo, che speriamo lei scriva un giorno. Dice che è una storia tragica e che a lei tutto sommato è andata bene perché giudica l’Italia un paese accogliente, tranquillo, dove è possibile vivere e lavorare.
Nella seconda parte dell’intervista infine ci fa capire quanto sia importante la determinazione, insiste nel dire che quando era nel suo paese e tutto era programmato, sembrava relativamente facile anche se duro ma poi il suo mondo si è capovolto. E’ sopravvissuta ad un cambiamento totale , ad emozioni incredibili, capendo che se hai un desiderio devi andare sempre avanti. Facendo cose semplici per mantenersi ma coltivando sempre il proprio obiettivo, anche se “sembra incredibile”. Se qualcun’altro/a c’e’ riuscito, devi provarci anche tu . La gente poi ti aiuta.
E lei ci tiene a dirlo a tutti, andate avanti. Ce la farete.
Galyna Senkiv, medico a tutto tondo
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