La scorsa settimana ho sostenuto un colloquio con il padre di un figlio adulto, con molte patologie. Non ci eravamo mai visti e mi aveva chiesto un incontro per un problema che lo affligge da tempo, il disturbo di Deglutizione del figlio, che gli impedisce di assumere cibo o liquidi per bocca per cui viene alimentato artificialmente tramite PEG (una sonda che collega lo stomaco all’esterno, attraverso la quale viene somministrato il cibo).
Mi ha accolto, molto serio e contrito, con la frase “Lei fa parte di un settore che mi ha fatto molto soffrire!”
Anche questa esperienza mi ha confermato che la comunicazione razionale non è necessariamente persuasiva quando si scontra con problematiche esistenziali e umane molto più grandi di me e della mia competenza tecnica.
Adottare un linguaggio empatico che accoglie prima di tutto questa sofferenza, presentata come biglietto da visita, mi ha garantito da parte sua un atteggiamento non oppositivo e aggressivo (come si era manifestato verso altri professionisti incontrati in passato) ma sono abbastanza certa di NON aver soddisfatto la sua unica richiesta (liberare il figlio dalle costrizioni). Più che altro ha forse realizzato compiutamente che il mondo medico non gli avrebbe mai ridato indietro la “normalità” del cibo per lui così importante e si è messo a pensare ad altri modi per “sfuggire” al controllo severo e freddo dell’istituzione sanitaria.
In questo caso, ti porti a casa una grande amarezza e tocchi i limiti del tuo lavoro. Come quando affianchi un familiare nel percorso di inclusione della afasia cronica nella vita di una famiglia e magari riesci anche a dare qualche contributo che migliora la Qualità di Vita di tutti, ma sarai sempre citata come quella che “ci ha tolto la speranza!”
Come sopportare certi pesi?
Come imparare a negoziare quando in ballo c’è il benessere di un intero sistema (la famiglia) non solo emotivo ma anche fisico?
Come strutturare confini sani tra te e il familiare richiestivo?
Come diventare un reale alleato e non un tecnico percepito come nemico?
Come gestire il potere/la fiducia/il rispetto/la vicinanza che sostanziano una relazione terapeutica?
Nessuna di questa cose ti viene insegnata all’Università. O almeno a me non è stato insegnato nulla del genere, nel mio percorso formativo in Italia.
Sono dovuta andare all’estero per studiare la Sistemica Familiare e il Counselling specifico per il mio settore. E pagarmi anni di Supervisione.
Eppure lavorare senza questi strumenti richiede molte energie, se non vuoi finire velocemente in burn out.