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Identificare l’ afasia semplicemente come un problema neurologico, un deficit linguistico o una patologia del linguaggio è sicuramente inadeguato. L’afasia non può essere accuratamente studiata se si separa la patologia dalla persona…(Sarno, 1993)
Nonostante lʼampia varietà di impostazioni teoriche, a tuttʼoggi, esiste un solo orientamento comune a tutti i logopedisti: l’obiettivo principale della Terapia è il miglioramento della qualitaʼ di vita della persona con afasia, nel rispetto delle necessità individuali e in considerazione del contesto sociale.
Le metodiche sviluppate in passato sono davvero tante, ma raramente si sono dimostrate efficaci in tal senso.
Spesso all’adulto vengono proposte terapie mutuate dall’età evolutiva, e dunque inadeguate, o basate sul danno (di tipo psicolinguistico o cognitivo neuropsicologico) …tutte terapie rivolte esclusivamente alla persona secondo un approccio ormai superato che intendeva la “disabilità” come una condizione che appartiene alla persona alla quale viene ricondotto tutto mentre il gioco della conversazione, essenza della vita umana, avviene sempre nell’ ambito di una interazione.
La Terapia corretta invece, è quella che non si limita al tentativo di far ri-apprendere specifiche competenze/abilitaʼ ma mira al potenziamento dello scambio comunicativo…
La vera novità è rappresentata da terapie meno note in Italia, non piuʼ mirate esclusivamente al recupero della funzione ma piuttosto
orientate a supportare la persona nella sua convivenza quotidiana con l’afasia.
Si lavora per migliorare la qualità di vita della persona agendo anche sul contesto sociale immediato della persona mentre si tenta ovviamente di ridurre le conseguenze del danno, anche tardivamente quando la situazione si è ormai è stabilizzata dal punto di vista
strettamente biologico.
Queste terapie sono finalizzate ad:
a) aumentare le capacità comunicative della persona con afasia e dei suoi interlocutori, attraverso interventi diretti alla funzione e al training per partner conversazionali;
b) identificare e ridurre le barriere alla partecipazione sociale;
c) supportare la persona nel percorso di adattamento dellʼidentità;
d) promuovere il benessere psicologico della persona e della famiglia;
e) promuovere l’ autonomia e la capacità di scelta della persona con afasia;
e) prevenire le malattie aggiuntive.
L’approccio adottato da Cerchi di Cura, mutuato dal Life Participation Approach for Aphasia, prevede un approccio sistemico al processo di cura cioè percorsi individualizzati rivolti anche alla rete sociale della persona nel riconoscimento degli importanti effetti della afasia sul sistema famiglia.
Approccio Partecipativo
In questo approccio un soggetto potrebbe voler lavorare prima di tutto sulla comunicazione, altri sulla gestione della rabbia, altri ancora sulla ottimizzazione delle proprie relazioni.
Questo tipo di lavoro crea tra lʼaltro un clima favorevole, confortevole e rispettoso dei diritti della persona con afasia, dunque si inserisce in un discorso etico che fra gli altri punti prevede una certa attenzione al linguaggio usato (clienti o membri del gruppo e non pazienti, lasciare la terapia piuttosto che essere dimessi, essere partner della partnership terapeutica piuttosto che essere ʻtrattatiʼ).
Per quanto riguarda la situazione italiana, nonostante gli sforzi sul piano scientifico abbiano consentito il diffondersi di questo nuovo approccio “olistico” alla persona, le ricadute sul piano assistenziale hanno spesso risentito della mancata comunicazione fra i centri internazionali di alta specialità, allʼ interno dei quali vengono sviluppati programmi in linea con le direttive europee, e le strutture sparse sul territorio che forniscono a volte trattamenti su base “tradizionale”, i cui obiettivi sono eccessivamente slegati dalle reali necessitaʼ dellʼindividuo.
In troppi casi, per motivi legati alle caratteristiche del territorio, gli stessi terapisti del linguaggio cui compete la presa in carico della persona con afasia, non hanno alcuna possibilità di discutere e confrontare le proprie scelte professionali allʼinterno di equipe riabilitative multidisciplinari, unico modello operativo che consentirebbe di adottare un moderno approccio alla riabilitazione.
La comunità scientifica e le associazioni del settore potrebbero impegnarsi maggiormente nella diffusione di un linguaggio comune che consenta la condivisione del patrimonio di conoscenze finora acquisito circa la natura della afasia e la diffusione degli strumenti utili per affrontarla.
La riabilitazione: ieri e oggi
Gli operatori della riabilitazione, negli ultimi anni, hanno potuto avvalersi di diversi contributi utili a rinnovare i modelli teorici, l’approccio semeiotico e le modalita’ di valutazione e di intervento nella afasia. La neuropsicologia cognitiva, ad esempio, ha permesso di abbandonare le distinzioni semeiotiche delle sindromi afasiche derivate dalla “prima” afasiologia, per mettere l’accento sui concetti di modularita’, di architettura cognitiva del sistema del linguaggio e sull’importanza di una analisi dei meccanismi di causalita’ dei sintomi afasici, piuttosto che delle loro mere caratteristiche. Le tecniche di neuroimaging moderne, attraverso l’analisi del consumo metabolico cerebrale, hanno dimostrato come le attività del linguaggio sano e patologico siano espressione non di aree o centri specifici, ma di sistemi flessibili, distribuiti e collegati con l’organizzazione cognitiva del cervello.
Negli ultimi anni, poi, la crescente attenzione focalizzata sull’impatto “ecologico” dell’afasia ha condotto gli operatori a prendere in considerazione sia la dimensione “comunicativa” dell’afasia, attraverso i contributi della linguistica pragmatica, sia quella “funzionale” attraverso l’analisi delle disabilita’ e degli svantaggi sociali che essa comporta.
Mentre l’applicazione dei contributi neuropsicologici e pragmatici ha portato a innovazioni significative nella pratica riabilitativa in termini di procedure valutative standardizzate, verifica obiettiva dei risultati, modelli di intervento basati sulla “facilitazione” delle competenze comunicative-linguistiche residue della persona nel contesto quotidiano, l’ “approccio funzionale” alla persona afasica risponde, a nostro avviso, ad una nuova e significativa struttura concettuale della riabilitazione dell’afasia. Ragione di più tenuto conto dei rapporti identificabili tra afasia, disabilità e società alla luce delle classificazioni ICF e della valutazione critica degli strumenti pratici con i quali possono essere raggiunti gli obiettivi funzionali della terapia per l’afasia
Approccio Funzionale
Modello Sociale applicato alla Afasia
Nell’approccio funzionale si conferma la necessità di adottare un punto di osservazione più ampio, che non comprenda solo la persona afasica, e quindi una valutazione estesa che tenga conto delle modificazioni ambientali, dei supporti adattativi, del tempo richiesto per comunicare e delle conoscenze condivise tra persona afasica e interlocutore.
In questa ottica è dunque necessario conoscere non solo le necessità di cura, ma anche gli esiti dell’evento disabilitante sulla qualità di vita del soggetto, nell’ambito di una cornice sinora trascurata e rappresentata dal contesto sociale. In questo modo inoltre sarà possibile validare procedure efficaci ed efficienti, nonché valutare il rapporto costo/benefici di un modello di trattamento e di assistenza.
Ne consegue che gli strumenti di valutazione, di preddittività e di intervento dovranno operare sia a livello delle possibili attività (compatibilmente con gli esiti) sia dei possibili livelli di partecipazione attiva (compatibili con le risposte che la società è chiamata a fornire per salvaguardare il ruolo sociale dell’individuo).
In questa prospettiva l’approccio funzionale alla persona afasica diventa un approccio alla disabilità come problema non solo dell’individuo, ma dell’intera società. L’obiettivo primario di tale approccio e’ mirato quindi la riduzione dell’handicap comunicativo, e non riguarda gli aspetti legati alla disabilità e al deficit.
È interessante segnalare lo stretto rapporto tra l’ “approccio/riabilitazione funzionale” e la promozione di un vero e proprio “cambiamento” sociale di fronte alla disabilità comunicativa.
Nella riabilitazione funzionale occorre:
- Tenere in considerazione il punto di vista della persona afasica nei riguardi della sua disabilità o del suo deficit. Per esempio, molte persone non sono interessate a fare una telefonata o chiamare un taxi, non essendo questi aspetti significativi per la loro qualità di vita. Le reali necessità delle persone afasiche e dei loro cari nell’ambito degli specifici contesti ambientali devono essere considerate con attenzione per orientare gli obiettivi ultimi della riabilitazione;. Non può essere assunto in maniera dogmatica il fatto che esista un solo set di attività comunicative quotidiane che tutte le persone svolgono, che possa quindi essere proposto sistematicamente come accade invece nel “tradizionale” setting valutativo. Se vogliamo estremizzare il concetto, le persone hanno un solo personale core di attività comunicative quotidiane che svolgevano prima dell’ictus ed hanno un unico set di attività comunicative dopo l’evento ictale. Comunque da tutto ciò si rileva come valutare le attività specifiche dell’individuo significhi osservare operativamente la persona che agisce nel contesto quotidiano.
- Conoscere le conseguenze psicologiche dell’afasia, in termini di depressione sulla persona e sulla famiglia. L’afasia determina una modificazione brutale e duratura dell’immagine sociale del soggetto, provocando un effetto devastante sulla sua personalità. La depressione dipende dalla combinazione di fattori neuroanatomici, precedenti psichiatrici, ridotta autonomia nelle ADL, fattori psicosociali, quali lo stress e il supporto sociale (che gioca un ruolo negativo importante), e tutto ciò determina una bassa qualità di vita. La compromissione dell’adattamento psicosociale dell’individuo è responsabile, inoltre, della riduzione della funzionalità cognitiva a livello di memoria e attenzione, rendendo difficile al soggetto la partecipazione alla riabilitazione e riducendo la sua capacità di investimento nelle attività sociali e nelle decisioni terapeutiche. Occorre inoltre conoscere l’impatto della depressione sulla famiglia e sul caregiver più prossimo: quanto più l’handicap è grave e invalidante tanto più la persona afasica rappresenta un veicolo demoralizzante per la famiglia, che crea sofferenza e ansietà.
- Svolgere attività informativa sulla famiglia (riduzione del rischio, fattori prognostici e diagnostici di recupero, rischio di recidive, processo di riadattamento)
- Conoscere gli effetti dell’afasia sulla famiglia a livello di attività sociali e di piacere e relazioni coniugali, percezione della malattia da parte dei caregiver, perdita del senso di coppia
- Acquisire conoscenze sulle principali conseguenze del disordine comunicativo e il suo impatto sul lavoro, l’educazione, le finanze, le relazioni personali e l’identità delle persone
- Acquisire conoscenze sulle barriere e gli ostacoli che le persone con disabilità comunicativa incontrano nella vita quotidiana