Attualmente ci sono due modelli di base da tenere presente per l’afasia e di cui forse tratteremo in seguito: il framework per classificare le conseguenze di una malattia come l’ictus (OMS) e un framework per la terapia che mette in relazione teoria e terapia… Il modello dell’organizzazione mondiale della sanità cui mi riferisco riguarda specificamente il modo di interpretare la malattia e dunque la cura …non si puo’ prendere in carico un paziente con afasia se non si lavora a partire da un preciso modello di cura e di malattia, prima ancora di parlare di metodiche riabilitative…se non ci si è chiesti “cosa è l’afasia”al di la’ di cio’ che ci è stato insegnato e e se non si è in grado di inserire i vari approcci terapeutici, le varie metodiche in un framework… l’idea di continuare a proporre desueti schemi riabilitativi, nella migliore delle ipotesi mutuati dalla didattica dell’età evolutiva, nella peggiore basati sul buon senso, è impraticabile e poi perche’ intanto la vita professionale va avanti e il problema viene sempre piu’ accantonato … i dati lo dimostrano, un po’ per esigenze logistiche del sistema sanitario, un po’ per una ovvia conseguenza delle scarse risorse attivate a livello scientifico in merito all’intervento riabilitativo sulla afasia, nei reparti di neurologia ci si occupa sempre meno di afasia a vantaggio di patologie la cui gestione si inserisce meglio nel modello medico tradizionale (vedremo cosa significhi) quali la disfagia …
A questo punto vi presento un dato illuminante da questo punto di vista , uno studio condotto in Inghilterra presso i reparti di neurologia, che si proponeva di confrontare una situazione attuale (2000) con una speculare di 10 anni prima: lo staff dedica il 53% del tempo medio di lavoro alla problematica della disfagia e il 24% alla afasia (il 48% dedica meno di 3 h alla settimana e il 4.8% ne dedica piu’ di 3) quindi è evidente che stiamo andando verso una dimensione di mancata presa in carico sanitaria del problema afasico, per non parlare di quello cronico.
A questo punto vi presento un dato illuminante da questo punto di vista , uno studio condotto in Inghilterra presso i reparti di neurologia, che si proponeva di confrontare una situazione attuale (2000) con una speculare di 10 anni prima: lo staff dedica il 53% del tempo medio di lavoro alla problematica della disfagia e il 24% alla afasia (il 48% dedica meno di 3 h alla settimana e il 4.8% ne dedica piu’ di 3) quindi è evidente che stiamo andando verso una dimensione di mancata presa in carico sanitaria del problema afasico, per non parlare di quello cronico.
Presumibilmente un giorno assisteremo anche in Italia alla nascita di una figura per ora inesistente che si collocherà tra l’ambito educativo e quello riabilitativo come patologo del linguaggio e si prenderà cura di tutto cio’ che per adesso il mondo medico sembra non saper gestire adeguatamente cioe’ le deprivazioni verbali.
Ma nel frattempo… cosa accade sul Fronte Occidentale?
stai parlando troppo difficile.Lo sai,io sono afasico e per capire quello che scrivi,devo fare traduzioni lunghe.Non mettere puntini nelle frasi perchè non capisco il senso.E nemmeno parole inglesi.Mimmo Pastore