“Una notte, un uomo che viveva presso uno stagno, viene svegliato da un gran rumore. Allora esce di casa, si immerge nel buio e a tentoni arriva allo stagno dove scopre che gli argini si sono rotti in un punto da cui escono acqua e pesci. Pur andando alla cieca nel buio della notte, l’uomo prova ad arginare la falla, calpestando il terreno bagnato, correndo a destra e a sinistra, inciampando e cadendo più volte. Poi, fatto il suo lavoro torna a dormire. L’indomani mattina, affacciandosi alla finestra, vede che le orme dei suoi passi hanno disegnato sul terreno la figura di una cicogna” [Karen Blixen]
Il percorso di vita di ognuno di noi, per quanto confuso e incidentato, si lascia alla fine guardare come un disegno che ha senso, un percorso in cui le intenzioni si mescolano con gli incidenti e gli ostacoli.
Un disegno che quindi è storia della nostra vita, memoria e non sequenza intollerabile di eventi.
Ma io, avendo l’Afasia, come posso riconoscere la mia cicogna?
Come posso sopravvivere alla tensione continua di sapere chi sono?
Noi crediamo nella possibilità di ricucire lo strappo causato dalla afasia, di restituire visibilità ai nomi e alle storie di tutti.
Raccontando le nostre esperienze vogliamo soprattutto evitare che la vita di qualcuno, reso fragile dal disturbo di comunicazione, venga spesa in solitudine, senza sguardi, senza relazione e senza mondo.
Diventa fondamentale cercare nella memoria di tutti il testo perduto, per cercare di ricucirsi addosso una storia che ci appartiene e, con essa, un’identità…perche’ nulla risponde al desiderio umano più del racconto della nostra storia
Nell’ Odissea , c’è una famosissima scena in cui Ulisse giunge in incognito alla corte dei Feaci. Arriva un cantore cieco e canta le storie di Troia e canta anche della vita di Ulisse. E Ulisse piange. Non aveva mai pianto prima, di certo non quando le azioni di cui sente ora la narrazione le aveva compiute. Ma adesso piange, si commuove perché viene a sapere chi è .